Sulle Spalle dei Giganti 2023
Il ciclo di seminari che aiuta studenti e studentesse ad approfondire i temi più attuali della fisica.
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Data: dal 21 aprile 2023 al 19 ottobre 2023
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Luogo: Accademia delle Scienze, in via Zamboni 31 - Bologna
Torna il ciclo di seminari “Sulle spalle dei giganti”, che tratta temi di attualità, dalla gravità quantistica al quantum computing. L’evento, dedicato a studentesse e studenti di Fisica, è organizzato dall’Accademia delle Scienze in collaborazione con Società Italiana di Fisica, Associazione Italiana Studenti di Fisica e Dipartimento di Fisica e Astronomia “A. Righi” ed è curato dalla prof.ssa Luisa Cifarelli.
L’obiettivo degli incontri, in programma nei mesi di aprile, maggio e ottobre, è esplicitato nel titolo stesso dei seminari, che riprende il celebre aforisma attribuito ad Isaac Newton: “Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle di giganti”. Gli interventi di professori e professoresse dell’Accademia e dell’Università, infatti, forniranno una panoramica ampia e chiara sulla Fisica dei nostri giorni, che permetterà ai partecipanti e alle partecipanti di “guardare lontano”.
Sono disponibili le registrazioni dei primi due appuntamenti
Prossimo appuntamento, giovedì 19 ottobre 2023, la prof.ssa Elisa Ercolessi (UniBO) e il prof. Michele Cicoli (UniBO) tratteranno “Dalla prima alla seconda rivoluzione quantistica” e “Gravità quantistica”.
Prossimo appuntamento venerdì 6 ottobre
Tommaso Calarco, Dipartimento di Fisica e Astronomia Università di Bologna:
"Tecnologie quantistiche in Europa"
Introcuce: Luisa Cifarelli
https://site.unibo.it/accademiascienzebologna/it/agenda/sulle-spalle-dei-giganti-2
L’incontro si svolgerà in presenza presso l’Accademia delle Scienze di Bologna in via Zamboni 31.
L’evento sarà trasmesso anche in streaming al seguente link: Aula virtuale
Sono disponibili le registrazioni e gli highlight dei seminari di aprile e maggio 2023
Sulle Spalle dei Giganti 2023 - #1
*Primo seminario*
“Storia dei quanti” e “Rivelatori di quanti” - prof. Paolo Rossi (UniPI) e dott. Rosario Nania (INFN BO)
Data:
venerdì 21 aprile ore 16:30
A cura di:
Accademia delle Scienze
In collaborazione con:
Società Italiana di Fisica, Associazione Italiana Studenti di Fisica e Dipartimento di Fisica e Astronomia “A. Righi”
*Highlight del primo seminario*
Storia dei quanti – Paolo Rossi
La necessità di introdurre il concetto di “quanto” nella fisica risale a più di un secolo fa. Il prof. Paolo Rossi ci ha raccontato l’inizio di questa storia e di come si sia evoluta fino alla famosa equazione di Shrodinger e oltre. I primi passi furono lenti ed incerti: l’effetto fotoelettrico, la stabilità dell’atomo e la radiazione di corpo nero erano tutte questioni aperte per le quali erano state proposte soluzioni apparentemente non correlate.
L’effetto fotoelettrico consiste nella emissione di elettroni da parte di un metallo colpito da radiazione elettromagnetica. La caratteristica fondamentale del fenomeno è quella di avere una soglia di frequenza specifica per ogni metallo. Cioè, il fenomeno avviene solo se la frequenza della radiazione supera un certo valore.
La stabilità dell’atomo di Rutherford (un nucleo positivamente carico attorno al quale orbitano cariche negative) non è permessa per via dell’emissione di radiazione, nel contesto dell’elettromagnetismo classico. Infatti, per via della perdita di energia del sistema, il raggio delle orbite delle cariche negative diminuirebbe fino al collasso dell’atomo.
L'oggetto più simile a un corpo nero che si possa realizzare in laboratorio è un corpo cavo dalle pareti interne riflettenti sul quale è praticato un piccolo foro. L’intensità della radiazione emessa in una certa frequenza è chiamata lo “spettro”. La teoria classica prevede un’intensità sempre maggiore a frequenze sempre più elevate, mentre sperimentalmente essa tende a zero.
L’effetto fotoelettrico fu spiegato da Albert Einstein, l’atomo da Niels Bohr e la radiazione di corpo nero da Max Planck. Fenomeni fisici così diversi hanno come comune interpretazione la natura quantistica del mondo microscopico: il primo e terzo fenomeno sono legati all’assorbimento ed emissione di quantità discrete di energia, il secondo dalla quantizzazione del momento angolare.
Questi primi successi della teoria quantistica diedero il via alla sviluppo di modelli e strumenti matematici adatti per rappresentare le grandezze fisiche, in particolare quest’ultime risultavano multiple di numeri interi. Le matrici, fino ad allora studiate perlopiù in ambito matematico, diventarono essenziali per le equazioni della fisica quantistica, tra le quali quella di Shrodinger.
Rivelatore di quanti – Rosario Nania
Studiare sperimentalmente il microscopico mondo dei quanti è una sfida complessa, il dott. Rosario Nania ci ha raccontato come l’apparato sperimentale si sia evoluto nell’ultimo secolo.
Caratteristica peculiare dei primi rivelatori era la partecipazione attiva del fisico nel “guardare” con i propri occhi le tracce lasciate dai quanti.
L’elettrone fu scoperto da Thomson nl 1897 grazie all’immagine che si formava nello schermo fluorescente di un tubo catodico. L’esperimento di Rutherford che scoprì in nucleo atomico nel 1911 richiedeva il conteggio di piccoli lampi di luce per misurare le traiettorie delle particelle. La camera a nebbia utilizzata da Anderson nel 1932 per scoprire l’antimateria (il positrone) utilizzava una primitiva macchina fotografica per scattare foto alla traccia di bolle lasciate dalla particella. La componente visiva dell’esperimento era quindi una parte integrante del lavoro del fisico.
I contatori di Geiger Muller (tubo con gas e percorso da un anodo) rilegarono all’elettronica il processo di conteggio. L’evoluzione di questa tecnologia sono le camere a fili (1968) che permettono di individuare la traiettoria di una particella lungo una coordinata. La precisione di questi ultimi rivelatori è di qualche millimetro ma nella moderna fisica ad alte energie serve una precisione di qualche micrometro per misurare i vertici di decadimento delle particelle.
Questa precisione è raggiunta dai rivelatori al silicio, i quali non utilizzano gas come i precedenti ma semiconduttori. Una particella carica che attraversa il dispositivo genera coppie elettrone-lacune. Queste cariche vengono raccolte dagli elettrodi, dando origine ad un segnale.
Sulle Spalle dei Giganti 2023 - #2
*Secondo seminario*
“Q-bits” e “Quantum computing” - prof. Francesco Minardi (UniBO) e dott.ssa Gabriella Bettonte (CINECA)
Data:
venerdì 5 maggio ore 16:30
A cura di:
Accademia delle Scienze
In collaborazione con:
Società Italiana di Fisica, Associazione Italiana Studenti di Fisica e Dipartimento di Fisica e Astronomia “A. Righi”
*Highlight del secondo seminario*
Francesco Minardi - Qubits, una storia intricata
I nuovissimi computer quantistici sono un settore applicativo della meccanica quantistica estremamente complesso e in via di sviluppo. Il prof. Francesco Minardi ha posto al centro del suo intervento il principio di sovrapposizione e l’entanglement.
Senza addentrarsi nel formalismo matematico, a livello intuitivo si può immaginare un bit classico come un sistema con due possibili stati (acceso o spento). Un Qubit invece ha uno stato paragonabile ad un punto libero di muoversi in una sfera, una continuità di punti che permette uno stato “ibrido”. Attualmente varie tecnologie sono studiate per realizzare Qubit, come circuiti superconduttori, ioni, atomi neutri e circuiti fotonici. I maggiori limiti dei Qubit sono la decoerenza (la sovrapposizione di stati tende a decadere a causa di una misura esterna), un tasso di errore molto più elevato dei bit classici e difficoltà nel fare comunicare i Qubit. Un vantaggio dei Qubits è il parallelismo massiccio: per il principio di sovrapposizione sono in grado di provare più percorsi contemporaneamente durante la risoluzione di un problema.
Nel 1935 Einstein scrive con i colleghi Boris Podolsky e Nathan Rosen un articolo nel quale i tre fisici sostengono di aver dimostrato che la meccanica quantistica è incompleta, ovvero che deve esistere una teoria più profonda alla base di essa. Una teoria incompleta presenta degli elementi di realtà (grandezze fisiche misurabili senza perturbare il sistema) che non hanno corrispondenza in essa. L’entanglement è un fenomeno particolarmente adatto per mettere alla prova la meccanica quantistica: se noi prendiamo due particelle che hanno interagito tra loro almeno una volta e poi le separiamo, l’operazione della misura sulla prima particella influenzerà istantaneamente l’altra particella a qualunque distanza essa si trovi dalla prima per via del collasso della funzione d’onda (gli stati non sono più sovrapposti). Apparentemente questo meccanismo determina la propagazione istantanea di segnali, non permessa dalla relatività ristretta (e generale).
Le disuguaglianze di Bell permettono di studiare la completezza di una teoria mediante correlazioni tra variabili misurabili sperimentalmente, il primi a farlo furono Freeman e Clauser nel 1972: grazie ad un sistema di polarizzatori misurarono la correlazione tra coppie di fotoni, concludendo che la meccanica quantistica fosse una teoria completa.
Gabriella Bettonte – Quantum computing
La dott.ssa Gabriella Bettonte ci ha mostrato la crescita esponenziale dell’interesse globale verso il quantum computing, alimentato però a volte da disinformazione riguardo le reali aspettative di questa rivoluzione informatica.
Infatti il quantum computing supera gli algoritmi classici solo in una ristretta cerchia di problemi, in particolare la criptografia, l’ottimizzazione e la simulazione di sistemi quantistici. Inoltre lo studio di algoritmi per computer quantistici ha ispirato nuovi algoritmi classici.
Quello che possiamo aspettarci nel prossimo futuro è l’utilizzo di computer quantistici come “acceleratori” di computer classici, ma non la completa sostituzione. In Italia, il centro di calcolo CINECA sta studiando vari aspetti del quantum computing e a breve avrà a disposizione Leonardo, uno dei supercomputer più potenti al mondo.